Comunicato stampa

La tanto decantata “rivoluzione fiscale” è assente

08.10.2021, Finanza e fiscalità

Finalmente qualcosa di concreto dall'OCSE: i rappresentanti dei 140 Paesi che partecipano alle negoziazioni si riuniscono oggi per decidere sull'attuazione concreta della nuova tassazione minima dei gruppi di imprese sulle modalità per una più equa distribuzione di una piccola parte degli esorbitanti profitti dei gruppi digitali. È già chiaro che i risultati saranno deludenti dal punto di vista della politica di sviluppo. E che il paradiso fiscale svizzero se la caverà con poco.

Dominik Gross
Dominik Gross

Esperto in politica fiscale e finanziaria

+41 31 390 93 35 dominik.gross@alliancesud.ch
La tanto decantata “rivoluzione fiscale” è assente

© Harry Hautumm / pixelio.de

Questa riforma (nota come BEPS 2.0, “Base Erosion and Profit Shifting”, o erosione della base d’imposizione e trasferimento dei profitti), riguarda da una parte la ridistribuzione degli utili dei gruppi di imprese dai Paesi sede ai Paesi mercato dei gruppi (pilastro 1) e dall’altro l'introduzione di una tassa minima transnazionale effettiva per le grandi imprese multinazionali (pilastro 2). Malgrado questi approcci promettenti, la tanto decantata “rivoluzione fiscale” è assente.

“La riforma BEPS 2.0 lascia molto a desiderare per due ragioni principali”, dice Dominik Gross, esperto di politica fiscale internazionale presso Alliance Sud. “In primo luogo, l’insieme dell'industria estrattiva e il settore finanziario sono esclusi dal primo pilastro e solo una minima parte dei profitti è ridistribuita. In secondo luogo, l'aliquota minima del 15% prevista nel secondo pilastro è ben troppo bassa”. I Paesi che ospitano la sede legale di molti gruppi multinazionali, come la Svizzera, possono decidere autonomamente se vogliono introdurre la nuova tassa minima; al contrario, il Sud è ancora una volta lasciato nel dimenticatoio. I Paesi dell'Africa, dell'America Latina e altri Paesi in via di sviluppo hanno generalmente aliquote fiscali del 25 o del 30%. Per i gruppi di imprese specializzati in materie prime, in particolare, vale quindi ancora la pena di trasferire i loro profitti nella sede legale svizzera.

Secondo un calcolo degli economisti Petr Janský e Miroslav Palanský (2019), i Paesi a basso e medio reddito perdono 30 miliardi di dollari di entrate fiscali ogni anno a causa del trasferimento dei profitti da parte delle multinazionali. Al contrario, secondo un gruppo di economisti guidati dall'esperto fiscale Gabriel Zucman, la Svizzera ricava il 38% delle sue entrate fiscali totali dal trasferimento di profitti da altri Paesi, cioè più di 100 miliardi di dollari all'anno. Il nostro Paese non dovrà rinunciare a questa manna.

Dominik Gross conclude: “Chiunque in Svizzera si impegni in favore di una politica fiscale più equa a livello mondiale e per un cambiamento di paradigma nei territori locali a bassa imposizione fiscale non può affidarsi all'OCSE per una soluzione esterna dei problemi. È necessario fare affidamento sulle forze progressiste della politica svizzera”. Queste ultime possono sostenere l'introduzione di una pubblicazione delle dichiarazioni Paese per Paese (“Country-by-Country Reportings”, CbCR), che migliorerebbe la trasparenza fiscale dei gruppi di multinazionali in Svizzera. Inoltre, le forze progressiste dovrebbero esigere che il Consiglio federale sostenga un rafforzamento del ruolo dell'ONU sulla scena internazionale. È l'unico modo per garantire che i Paesi del Sud possano far valere i loro interessi su un piano di parità nel futuro sviluppo di un sistema fiscale internazionale più equo.

Per maggiori informazioni: 
Dominik Gross, Esperto di politica fiscale internazionale presso Alliance Sud, tel. +41 78 838 40 79