Il Parlamento vuole aumentare progressivamente le spese militari dal 2023 fino all’1% del prodotto interno lordo, spendendo così a partire dal 2030 tre miliardi di franchi in più all’anno per l’esercito. Una decisione frettolosa. Stando a un recente sondaggio, la popolazione svizzera è critica nei confronti del riarmo e pure la NZZ si domanda se sia davvero necessario. Pälvi Pulli, responsabile della Politica di sicurezza del Dipartimento della difesa, ha dichiarato alla rivista Republik: «La situazione della Svizzera non è cambiata molto rispetto a prima della guerra».
Per contro, non c’è più alcun dubbio che la guerra tuttora in corso in Ucraina abbia un impatto drammatico sui Paesi del Sud del mondo. I prezzi sul mercato mondiale per i prodotti alimentari e per i fertilizzanti ad alta intensità energetica erano già alti prima della guerra. L’invasione ha poi causato un’esplosione dei prezzi all’inizio puramente speculativa. Eppure, al mondo si continuano a produrre alimenti a sufficienza. Basterebbe metterne meno nelle mangiatoie, nella spazzatura e nel serbatoio dei veicoli per compensare in larga misura la mancanza dei raccolti ucraini. Ciononostante, nel breve termine restano necessari un massiccio aumento degli aiuti alimentari e maggiori risorse finanziarie per evitare che la gente muoia di fame e inizi a rivoltarsi.
Gli effetti della guerra peggiorano la situazione dei Paesi del Sud anche per quanto riguarda il loro indebitamento, già cresciuto notevolmente a causa della crisi legata al Covid-19. Per evitare crisi del debito con conseguenze drammatiche per la popolazione, a breve termine sono necessarie proroghe di pagamento e in seguito occorre coinvolgere i creditori, comprese le banche svizzere e i commercianti di materie prime, nella remissione dei debiti.
Poco dopo lo scoppio della guerra, il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres aveva espresso un avvertimento: «Se la nostra attenzione collettiva si concentrasse soltanto sul conflitto, corriamo il grande rischio di trascurare altre crisi che non spariranno. Sarebbe una tragedia se i donatori aumentassero le spese militari a scapito dell’aiuto pubblico allo sviluppo e della protezione del clima».
Per far fronte alle molteplici crisi nel Sud del mondo, la Svizzera dovrebbe finalmente fornire un contributo che permetta di combatterle. Investire tre miliardi di franchi in più nella sicurezza del Pianeta permetterebbe finalmente di raggiungere l’obiettivo delle Nazioni Unite (0,7% del reddito nazionale lordo). Nel contempo, la Svizzera potrebbe così contribuire in modo adeguato, ossia nella misura dell’1% e senza doppi conteggi, al finanziamento climatico globale. Si tratterebbe perlomeno di un’agenda 2030 coraggiosa per la Svizzera, poiché il mondo non finisce certo ai confini elvetici, per quanto siano armati.
Pubblicato sul "Corriere del Ticino" il 24 giugno 2022.