Tre anni dopo la presa del potere da parte dei talebani, l’Afghanistan è sull’orlo dell’abisso. I diritti delle bambine e delle donne vengono calpestati: sono diventate praticamente invisibili negli spazi pubblici – impianti sportivi, hammam, saloni di bellezza e parchi sono per loro tabù. La formazione scolastica per loro termina con la scuola elementare e sul posto di lavoro subiscono una rigida segregazione di genere. I media e l’opposizione sono vittime di repressione. La povertà affligge ormai metà della popolazione e il 90% non riesce più a soddisfare i propri bisogni alimentari di base.
«L’economia si trova in una situazione estremamente precaria, soprattutto a causa delle restrizioni imposte al settore bancario, della soppressione degli scambi e del commercio, dell’indebolimento e dell’isolamento delle istituzioni pubbliche e della quasi totale assenza di investimenti esteri e di sostegno finanziario da parte di donatori esteri in settori come l’agricoltura e l’industria manifatturiera», come hanno dichiarato le Nazioni Unite a inizio anno.
Nel frattempo, miliardi di dollari amministrati a Ginevra dal Fondo per il popolo afghano (Afghan Fund) rimangono inutilizzati. Il Fondo è stato istituito due anni fa per gestire le riserve di valuta estera della Banca centrale dell’Afghanistan (DAB), che sono state congelate quando i talebani hanno preso il potere nell’agosto 2021. Allora, la Federal Reserve Bank di New York deteneva 7 miliardi di dollari di queste riserve valutarie, mentre altri 2,1 miliardi si trovavano in Europa e in altri Paesi. Per evitare che il denaro depositato negli Stati Uniti venga reclamato dalle vittime dell’11 settembre, il presidente Biden ha proposto di conservarne la metà all’estero. Così 3,5 miliardi di dollari sono confluiti in un conto presso la Banca dei regolamenti internazionali, con sede a Basilea, e a Ginevra è stata istituita una fondazione per la gestione del denaro: l’Afghan Fund. Il suo scopo è quello di amministrare i fondi e di restituirne una parte alla DAB qualora soddisfi condizioni rigorose. Alla fine di giugno 2024 i valori patrimoniali, compresi gli interessi, ammontavano a 3,84 miliardi di USD.
Deflazione dannosa
Eppure oggi, a distanza di due anni, non è ancora stato restituito un centesimo. Per quale motivo? «Innanzitutto, c’è una mancanza di comprensione delle regole: questo denaro non è destinato a scopi umanitari, ma a stabilizzare il sistema finanziario», ci risponde Shah Mehrabi, uno dei due co-direttori afghani del Fondo, in collegamento telefonico dagli Stati Uniti. Professore del Montgomery College del Maryland, rammenta prima di tutto alcuni aspetti macroeconomici: le riserve valutarie sono valori patrimoniali detenuti dalle banche centrali in valute estere per garantire la solvibilità di un Paese e influenzare la politica monetaria. L’obiettivo è proteggere le banche centrali da una rapida svalutazione della moneta nazionale. Tali riserve svolgono un ruolo decisivo nello stabilizzare i tassi di cambio, nel rafforzare la fiducia della popolazione, nel fornire liquidità al sistema bancario e nel coprire i costi delle importazioni.
«Ora la DAB ha segnalato che la massa monetaria, cioè la quantità di moneta in circolazione, è diminuita» aggiunge il professore. «A cosa è dovuta la diminuzione? Uno dei fattori è il congelamento delle riserve. Se c’è meno denaro in circolazione, le persone possono comprare meno, l’attività economica diminuisce e questo, a sua volta, influisce sui prezzi e sui tassi di cambio. È proprio quello che si osserva in Afghanistan: le imprese non hanno i mezzi per investire, il che porta a una riduzione della domanda di beni e servizi. Quindi abbassano i prezzi sempre di più per incoraggiare la gente ad acquistare. La conseguenza è una deflazione, che è altrettanto dannosa per l’economia quanto l’inflazione».
Istituita una struttura solida
«Abbiamo raggiunto molti risultati», prosegue. Ma quali, esattamente? Per quanto riguarda la governance del Fondo, conferma che è stata creata una struttura solida: è stato adottato uno statuto ed è stato nominato un Consiglio di fondazione con il compito di rendere conto in maniera trasparente della gestione del patrimonio. Il Consiglio è composto da Shah Mehrabi stesso, da Anwar-ul-Haq Ahady, ex direttore della DAB e già ministro delle finanze, da Jay Shambaugh, rappresentante del Dipartimento del tesoro USA, e dall’ambasciatrice Alexandra Baumann, capo della divisione Prosperità e sostenibilità del DFAE. Le decisioni vengono prese all’unanimità, il che significa che di fatto ogni membro ha diritto di veto.
I membri del Consiglio di fondazione hanno sviluppato una strategia d’investimento proattiva e hanno commissionato a una società di consulenza l’elaborazione di misure di compliance e audit. In tal modo intendono lottare contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo. Hanno assunto un segretario esecutivo, sviluppato una strategia di comunicazione e istituito un comitato consultivo internazionale.
«Versamenti mirati possibili»
«Le misure che abbiamo adottato facevano parte dei requisiti che devono essere soddisfatti prima di poter effettuare qualsiasi erogazione di fondi», continua Shah Mehrabi. «Secondo me ora le condizioni per effettuare versamenti mirati volti a stabilizzare il tasso di cambio, stampare banconote e pagare le importazioni sono date. Tuttavia, devono avvenire a piccole dosi, poiché iniettare troppo denaro alla volta genererebbe inflazione».
Aggiunge che, malgrado le notevoli sfide, l’Afghani (la moneta nazionale) è rimasto stabile, in particolare rispetto al dollaro, grazie alla solida politica monetaria della DAB. Vi rientrano aste di valuta estera, controlli più severi sul contrabbando, aumento delle esportazioni, aiuti umanitari e rimesse. «Tuttavia, questa stabilità ha portato anche a una deflazione dovuta al crollo dei prezzi a livello globale e all’apprezzamento dell’Afghani. Attualmente il tasso di deflazione si attesta al -9,2% ed è quindi leggermente migliorato rispetto al tasso precedente (-9,7 %). Per attenuare ulteriormente la deflazione, la banca centrale potrebbe dover ridurre le aste di dollari e aumentare la circolazione di banconote afghane», conclude il co-direttore del Fondo.
I talebani non sono riconosciuti dalla comunità internazionale
Tuttavia, la situazione politica è molto complessa. L’attuale regime non è riconosciuto dalla comunità internazionale. Anche se la Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) aprirà un ufficio umanitario a Kabul in autunno, i contatti con i rappresentanti talebani restano di natura puramente tecnica. Le vie legali e diplomatiche sono limitate, il che complica la capacità di agire del Fondo. Tuttavia, alla DAB non sono state imposte sanzioni internazionali. Quanto ai talebani, non riconoscono l’Afghan Fund e vogliono la restituzione del denaro. Almeno, comunque, secondo l’economista con alcuni dei beni patrimoniali congelati dagli Stati Uniti qualcosa è stato fatto, a differenza dei 2,1 miliardi di dollari congelati dall’UE.
«Non possiamo lasciare che il popolo afghano continui a soffrire. Procedere attivamente ai versamenti ora è nell’interesse di tutti. L’aiuto umanitario da solo non risolverà il problema, è fondamentale mirare a uno sviluppo a lungo termine. È ora di agire», conclude Merhabi, il cui mandato per l’Afghan Fund è stato prorogato per altri due anni a settembre, così come quello degli altri membri del Consiglio di fondazione.
La DSC torna a Kabul
Come la maggior parte dei Paesi, la Svizzera per il momento non intende riavviare la sua cooperazione allo sviluppo a lungo termine in Afghanistan. Comunque, torna con una presenza sul territorio. «La DSC aprirà un ufficio umanitario a Kabul nell’autunno del 2024», conferma Alain Clivaz, portavoce. «Si installerà nei locali dell’ex ufficio di cooperazione chiuso nel 2021. L’ufficio umanitario comprenderà quattro membri del Corpo svizzero di aiuto umanitario (CSA) in loco. Il team della DSC è responsabile dell’attuazione, dell’accompagnamento e della supervisione dei progetti finanziati dalla DSC».
Il portavoce del DFAE sottolinea che la situazione sul piano della sicurezza in Afghanistan rimane complessa e comporta notevoli rischi per tutte le attività nel Paese. Tuttavia, assicura che la DSC sta monitorando attentamente la situazione e dispone di un piano di sicurezza ad ampio raggio per il suo personale, elementi che consentono il ritorno a Kabul.«L’ufficio della DSC stabilisce contatti con i rappresentanti talebani a livello tecnico, se sono necessari per l’attuazione dei progetti», conclude.
Per Alliance Sud la presenza sul territorio è importante, ma l’aiuto umanitario da solo non può sostituire un’economia funzionante. La Svizzera deve fare in modo che il denaro gestito dal Fondo per l’Afghanistan venga restituito alla DAB, con la dovuta cautela. Ciò per evitare che la popolazione afghana sia doppiamente penalizzata: da un lato da un regime repressivo e dalle sanzioni, dall’altro dalla messa al bando da parte della comunità internazionale