L’8 ottobre 2021, il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite (HRC, Human Rights Council) ha riconosciuto, per la prima volta, che il diritto a un «ambiente sicuro, pulito, sano e sostenibile» è un diritto umano fondamentale. Nonostante le critiche mosse prima della sessione del HRC in particolare da parte degli Stati Uniti e del Regno Unito, la nuova Risoluzione – proposta da Costa Rica, Maldive, Marocco, Slovenia e Svizzera – è stata adottata con un sostegno importante di 43 voti. Russia, India, Cina e Giappone si sono astenuti. La Risoluzione incoraggia gli Stati ad adottare politiche per la realizzazione del diritto a un ambiente sicuro, pulito, sano e sostenibile, includendo la biodiversità e gli ecosistemi, e invita l’Assemblea generale dell’ONU a esaminare la questione. Se approvata dell’Assemblea generale, sarà la prima del suo genere in settant’anni, da quando, nel 1948, la Dichiarazione universale dei diritti umani fu adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. È importante ricordare che la questione del diritto a un ambiente pulito è stata affrontata per la prima volta nella «Dichiarazione di Stoccolma del 1972».
Forte mobilitazione della società civile
Questa Risoluzione è stata approvata a seguito di una campagna promossa da 13’000 organizzazioni della società civile e gruppi di popolazioni autoctone, 90’000 bambini, parti interessate del settore privato e l’Alleanza globale delle istituzioni nazionali per i diritti umani. «Ci sono voluti letteralmente milioni di persone e anni e anni di lavoro per riuscire ad ottenere questa risoluzione», ha dichiarato David Boyd relatore speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani e l’ambiente. Secondo Michelle Bachelet, Alto commissario dell’ONU per i diritti umani, il riconoscimento del diritto umano a un ambiente pulito, sano e sostenibile concerne la protezione delle persone e del pianeta: «l’aria che respiriamo, l’acqua che beviamo, il cibo che mangiamo». Secondo l’Alto commissario, la decisione in materia di diritti umani riconosce chiaramente il degrado ambientale e il cambiamento climatico come crisi interconnesse. Il voto – giunto qualche settimana prima del vertice cruciale della COP26 a Glasgow – ha contribuito alla scelta di istituire una posizione di relatore speciale investito del compito di esaminare l’impatto dei cambiamenti climatici sui diritti umani.
La nuova Risoluzione sottolinea in particolare il «diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza» dei difensori dei diritti umani che lavorano in ambito ambientale e riafferma che, in conformità con i Principi direttori dell’ONU relativi alle imprese e ai diritti umani, tutte le imprese hanno la responsabilità di rispettare i diritti umani così come i difensori dei diritti umani, compresi i difensori dei diritti umani legati all’ambiente. I difensori dell’ambiente in tutto il mondo sono soggetti a continui attacchi fisici, ad azioni legali, detenzioni, arresti e continue campagne diffamatorie. Solo nel 2020, circa 200 difensori dell’ambiente sono stati assassinati.
Ambiente e dovere di diligenza delle imprese
Ad oggi, diverse legislazioni hanno (già) integrato il dovere di diligenza delle imprese in relazione all’ambiente. In Francia, la « legge relativa al dovere di vigilanza », impone ad alcune grandi imprese di attuare un piano di vigilanza con l’obiettivo di identificare e prevenire i rischi in ambito di diritti umani, di salute e sicurezza delle persone, ma anche i rischi ambientali causati dall’impresa, dalle sue filiali, dai suoi subappaltatori e dai suoi fornitori. La legge francese conferisce al mancato rispetto di questi requisiti lo statuto di infrazione amministrativa e riferendosi alla responsabilità civile dell’impresa la obbliga a rispondere del danno causato.
La nuova legge tedesca (Lieferkettengesetz) contempla la protezione ambientale nei casi in cui i rischi ambientali possono provocare delle violazioni dei diritti umani. La legge prevede anche il divieto di provocare alterazioni del suolo, inquinamento dell’acqua e dell’aria, emissioni di rumore e consumi di acqua eccessivi. Inoltre, sono stabiliti dei vincoli ambientali sulla base di due convenzioni internazionali volte a prevenire i rischi per la salute e l’ambiente.
Il 21 marzo 2021, il Parlamento europeo, nella sua iniziativa parlamentare sulla Diligenza e la responsabilità delle imprese, che raccomanda alla Commissione di redigere un progetto di direttiva europea, ha votato con una schiacciante maggioranza per chiedere che la legge imponga alle imprese e in tutta la loro catena di valore il dovere di diligenza in materia ambientale e di diritti umani. Il testo del Parlamento europeo contiene una lista non esaustiva di «impatti negativi delle attività delle imprese sull’ambiente» tra cui la produzione di rifiuti, l’inquinamento diffuso e le emissioni di gas a effetto serra che provocano un aumento delle temperature globali di più di 1.5 °C rispetto ai livelli preindustriali, la deforestazione e qualsiasi altro impatto su clima, aria, suolo e qualità delle acque, lo sfruttamento sostenibile delle risorse naturali, la biodiversità e gli ecosistemi. L’iniziativa del Parlamento europeo prevede inoltre l’introduzione della responsabilità civile delle imprese e l’obbligo di risarcire i danni derivanti da incidenze negative sui diritti umani, ma anche sull’ambiente, che le imprese o entità sotto il loro controllo hanno causato direttamente o a cui hanno contribuito con le loro azioni o omissioni.
La Risoluzione del Consiglio dei diritti umani dovrebbe infine ampliare e consolidare la portata del dovere di diligenza richiesto alle imprese per assicurare così che le loro attività non pregiudichino un «ambiente sicuro, pulito, sano e sostenibile». Questo rafforzerà la coerenza del quadro dei diritti umani, della protezione ambientale e della responsabilità delle imprese.
Pubblicato il 5 gennaio 2022
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(Traduzione di Zeno Boila)